Attacco all’art. 18: il Governo apre la strada ai licenziamenti facili

03/03/2010 alle 23:39 | Pubblicato su lavoro, politica | 2 commenti
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In serata al Senato la maggioranza piduista al potere ha approvato con 151 voti favorevoli, 83 contrari e 5 astenuti, il disegno di legge n. 1167-B che contiene norme sull’arbitrato volontario per risolvere le controversie di lavoro che  indebolisce e vanificare l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che tutela dal licenziamento senza giusta causa. Si tratta di una vera e propria controriforma del diritto e del processo del lavoro con gravi norme deregolatorie.

Un affievolimento di fatto delle tutele a favore del lavoratore, la parte oggettivamente più debole in questo tipo di controversie. E anche, appunto, un superamento dell’articolo 18, come di altri vincoli legislativi. Perché di fronte a un licenziamento l’arbitro deciderà “secondo equità, la sua concezione di equità, non secondo la legge”.

La norma è davvero complessa. In sostanza – modificando l’articolo 412 del codice di procedura civile – si prevedono due possibilità tra loro alternative per la risoluzione delle controversie: o la via giudiziale oppure quella arbitrale. Già nel contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, potrebbe essere stabilito (con la cosiddetta clausola compromissoria) che in caso di contrasto le parti si affideranno a un arbitro. Strada assai meno garantista per il lavoratore che in un momento di debolezza negoziale (quello dell’assunzione, appunto) finirebbe per essere costretto ad accettare. E il giudizio dell’arbitro sarà impugnabile esclusivamente per vizi procedurali.

Il Ddl limita la competenza del giudice e privilegia il canale dell’arbitrato e della conciliazione per tutte le controversie di lavoro, tra cui quelle legate al trasferimento di azienda e al recesso.

Le regole introdotte colpiranno i nuovi assunti (quindi, in larga misura, i giovani).  D’ora in poi sarà molto difficile fare valere in giudizio l’illegittimità di un licenziamento, dal momento che il termine di decadenza di sessanta giorni per l’impugnazione è stato esteso anche ai licenziamenti
intimati oralmente. La giurisprudenza ha sempre ritenuto inapplicabile tale termine ai licenziamenti orali, per l’ovvia considerazione che, in simili casi, non si potrebbe determinare
con certezza il momento dal quale far decorrere il termine. Si può scommettere che, in futuro, i licenziamenti orali, sin qui piuttosto rari, dilagheranno a macchia d’olio: a un datore di lavoro, infatti, basterà sostenere che effettivamente il licenziamento c’è stato, ma ben prima della data indicata dal lavoratore (ed offrirsi di provarlo con testimoni compiacenti), per stoppare il
processo prima ancora di entrare nel merito del giudizio.

Secondo il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani “questo ddl opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano”. Il ddl, ha spiegato a margine del congresso della Camera del Lavoro di Bologna, “porta sostanzialmente a una forma di arbitrato obbligatorio che farebbe saltare le forme tradizionali delle tutele contrattuali e delle libertà dei lavoratori di poter adire a queste scelte”.

“In questo modo – ha detto ancora Epifani – naturalmente si rende il lavoratore più debole. Se lo si fa addirittura nel momento del suo ingresso nel lavoro lo si segna per tutta la vita. In ogni caso – ha concluso il leader della Cgil – faremo ricorso se ci sono le condizioni di legittimità costituzionale”.

“Il Governo – afferma – è riuscito nell’impresa che fallì nel 2003: abrogare l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, uno degli ultimi baluardi del diritto del lavoro”.

Per il Capogruppo dell’Idv al Senato Felice Belisario “la deregulation imposta da questo esecutivo ha di fatto reso vani 100 anni di lotte sindacali e di morti per i diritti collettivi. Ma quel che più infastidisce è che l’abrogazione dell’articolo, non riuscita nel 2003 perché proposta con chiarezza, riesce ora grazie a un artificio e a una norma incomprensibile inserita in un collegato alla finanziaria. Si tratta dell’ennesima truffa ai danni dei lavoratori, forse la più grave”.

Per Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia e Libertà ”Il tentativo delle destre di cancellare anni di lotte per i diritti dei lavoratori e’ quanto di piu’ vergognoso si possa compiere”.

“Il Governo Berlusconi – aggiunge – continua a mortificare il nostro impianto normativo e la nostra stessa Costituzione in maniera subdola, strisciante, senza assumersi la responsabilita’ di spiegare il disegno diabolico che ha in mente di perseguire”.

”Sappiamo bene che il PdL e’ abituato ai sotterfugi, a tramare di nascosto -continua Nichi Vendola- ma non dire apertamente ai lavoratori e alle lavoratrici che vogliono ridurre l’articolo 18 a una norma senza alcun valore, sottraendo al giudice la competenza a risolvere le controversie di lavoro e affidandole a un arbitro qualunque che potra’ decidere ”secondo equita” e non secondo la legge italiana, significa voler sopprimere del tutto un sistema di tutele gia’ gravemente compromesso da anni di politiche contro il lavoro”.

”E’ una vergogna -ha concluso Vendola-, a questo punto diventa fondamentale che tutte le forze democratiche e di opposizione si impegnino affinche’ i diritti dei lavoratori italiani non facciano un salto indietro di mezzo secolo, un impegno quanto mai necessario a partire dal sostegno allo sciopero generale convocato dalla Cgil per il 12 marzo”.

Nel ddl, inoltre, il Governo inserisce anche una maxi sanatoria per le aziende che hanno  violato le norme sui contratti co.co.co e a termine. Nello specifico per i lavoratori a progetto o co.co.co se viene accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro (escluse le sentenze passate in giudicato), il datore di lavoro che abbia offerto, entro il 30 settembre 2008, un contratto subordinato, non necessariamente a tempo indeterminato, sarà tenuto unicamente a indennizzare il lavoratore, mentre invece prima era obbligato all’assunzione a tempo indeterminato.  Per i contratti a termine, invece, nel caso di violazioni nella trasformazione del contratto a tempo indeterminato, c’è l’obbligo per il datore di lavoro di risarcire il lavoratore con una indennità che sostituisce la stabilizzazione. Insomma un bel passo indietro rispetto alla vecchia normativa. Si tratta di un sostanzioso aiuto agli imprenditori che indebolisce ancora di più il lavoratore.

Napolitano firmerà la legge o possiamo sperare soltanto nel giudizio di incostituzionalità della Suprema Corte?


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